domenica

ed io odio il carcere.


Nell’asfittico panorama italiano Davide Ferrario realizza un film, forse l'ennesimo, che è bene tenere in considerazione. Un film ‘nel' carcere e non ‘sul' carcere come egli stesso ama sottolineare. Un film che in realtà è pure un mezzo musical anche se del tutto atipico (la colonna sonora viene affidata a molteplici pezzi strumentali dei Marlene – un tuffo al cuore percepire l'incipit cadenzato di "rotule come freesbe").
Partendo dai suoi trascorsi da documentarista, sto giro ha provato ad elevarsi fino a raggiungere una dimensione più prettamente sperimentale rispetto ai lavori precedenti.
La realtà carceraria è in realtà solo lo sfondo per "Tutta colpa di Giuda", ma è frutto dell’esperienza che Davide Ferrario ha maturato lungo quasi dieci anni di lavoro in carcere. In realtà Ferrario aveva tenuto dei corsi di formazione professionale sul montaggio video, che nel tempo si è trasformato in un laboratorio di audiovisivi e ha portato il regista a conoscere prima la realtà di San Vittore e poi il carcere Le Vallette di Torino. Dove Tutta colpa di Giuda è ambientato.
Ho apprezzato in particolar modo che, da ateo convinto, il regista non rinuncia ad interrogarsi sul senso profondo della religione e sulle risposte che in essa gran parte dell'umanità cerca da sempre.
Io stesso, ancora non riesco a capacitarmi, dell'inutilità delle religioni per chi non affida la sua vita a questo, ma da anticlericale MAI sarei riuscito a parlarne con tale pudore.
Tuttavia chi mi conosce sa quanto detesti a questo ancor più i musical, ad esempio, o l'hip rock con testi in milanese.
Di peggio c'è solo la vita di provincia, che sarà pure più vera di quella a cui in realtà ambisco io, ma resta sempre e comunque perennemente in bilico sul baratro della noia e della disperazione.
A salvarmi dall'ennesimo sabato sera del tutto inconcludente (è inutile spostarsi da un bar all'altro se è frequentato sempre dagli stessi coglioni) è stato questo film, che se paragonato ai dj set house a cui ho assistito prima di rinchiudermi in casa, ha rappresentato una vera e propria ventata d’aria fresca, pur non essendo anch'esso privo di difetti.
Irena Mirkovic è una giovane regista teatrale da sempre attenta alla sperimentazione e in fase di distacco sentimentale dal suo compagno attore Cristiano. Decide di accettare la proposta dal cappellano di un carcere, don Iridio: mettere in scena con i detenuti un musical sulla passione di Cristo. Il direttore del penitenziario è favorevole, molto meno lo è la rigida, ma in fondo molto pragmatica, suor Bonaria. I carcerati accettano di partecipare al progetto ma quando giunge il momento di assegnare le parti nessuno intende interpretare Giuda. Per il semplice motivo che l'apostolo è il traditore, cioè l'”infame” per eccellenza. Come risolvere il problema? Irena sente nascere dentro di sé una domanda: si può pensare a Cristo senza Giuda? Forse sì.

Per il resto continuo ad abbandonare i diggei al loro triste destino auspicando pene severissime per quei vocalist minorenni che oltre a sparare cazzate al microfono (mi auguro a causa dei troppi drink) si vestono pure veramente di merda.

4 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

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Anonymous Montaggio Video ha detto...

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Blogger MakkA ha detto...

fottetevi.

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Anonymous Anonimo ha detto...

Montaggi video del cavolo, la solita roba...

16:17

 

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