domenica

Drag the waters


E' tornato il Maestro Raimi. Già questo dovrebbe bastare per farvi sobbalzare dalla sedia e farvi precipitare immediatamente in Sala. Oppure esiste sempre il download illegale che da sempre grandi soddisfazioni (visto che il Premier si fa le minorenni e a me una legge lo vieta espressamente). Un film derivativo e, mio malgrado, senza la presenza di un caratterista come Bruce Campbell che ha reso grande al trilogia de La Casa. Peccato. Comunque pure la biondina recita bene, solo che, negli horror come nella musica rock è meglio che ci sia un frontman maschio a metterci la faccia (e le tipe dovrebbero invece stare accanto al loro partner e stringersi al braccio nelle scene/canzoni più frenetiche).
Ad ogni modo di questi tempi una pellicola del genere è cosa rara . Perchè le case distributrici ci hanno abituati ad horror concettuali o estremamente violenti, senza messaggi di fondo o spunti autoironici come invece accadeva negli anni 80.
Ripensandoci, non si può che rimanere compiaciuti davanti ai riferimenti più o meno celebri, a inserimenti dal sapore estremamente grottesco in cui sangue e liquidi gastrici scorrono spesso fluenti.
E questo dovrebbe bastarvi.
Tra l'altro chi non ha mai sognato di prendere a calci in bocca una vecchia megera schifosa che ti vuole attaccare impunemente il malocchio? Purtroppo credo che morirò con questo desiderio. e Vabbè.
Di seguito la trama nichilista
Christine è un'impiegata "rampante" all'ufficio prestiti di un grande istituto di credito che per ottenere una promozione a scapito di un collega vuole mostrare al suo capo quanto "dura" e inflessibile possa essere. Pertanto nega una terza proroga di rimborso prestito richiesta da un'anziana gitana che per vendetta getta su Christine una terribile maledizione.
Da quel giorno la vita di Christine diventa un inferno. Disperata chiede ad un veggente di aiutarla a liberarsi del demone che si è impadronito della sua anima ma ogni tentativo risulta vano.
Infine Christine si convince che l'unico modo che ha per salvarsi è quello di trasferire la sua maledizione su di un'altra persona, ma l'impresa è condannata al fallimento e, in ultimo, alla ragazza toccherà pagare il prezzo finale per la sua ambizione e il suo cinismo.
Ah il finale lascia presagire un continue. Bene, bene. Ho proprio voglia di strafogarmi di gore e pop corn.

Ed ora un pezzo ideale per prendere a cazzotti in faccia una vecchia.
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una storia vera.


Era il 1985 quando Vasco Rossi cantava “ogni volta che viene giorno” e un giornalista di ventisei anni moriva assassinato per “ogni volta che era stato coerente".
La sera del 23 settembre, sotto casa sua, viene ucciso il giovane giornalista Giancarlo Siani, reo di aver messo a fuoco i conflitti interni alla camorra e le collusioni di questa coi politici di Torre Annunziata. Nel 2001 già il giovane regista Maurizio Fiume, utilizzando come set anche  la redazione di Metropolis, aveva dedicato un film a Giancarlo, “E io ti seguo”. Film che vidi al Boldini e di cui ho già parlato a suo tempo, forse nella sezione del blobgs che ho opportunamente dato alle fiamme, qualche tempo fa.
Eccellente prova d’attore per Libero de Rienzo, attore da top ten nichilista, che si immedesima anche fisicamente in Giancarlo Siani, intrecciando vibrante umanità e giovanile ingenuità.
Siani ha 26 anni, è appassionato del mestiere di giornalista e, con l’entusiasmo della giovinezza e la forza dell’indignazione, denuncia sul quotidiano Il Mattino gli scempi della camorra e dei suoi protettori politici. La Campania beneficia di un fiume di denaro pubblico stanziato dopo il terremoto dei primi anni Ottanta, e questo scatena gli appetiti della criminalità organizzata. Collaborando con la parte sana delle istituzioni (inquirenti, docenti universitari come Amato Lamberti), il praticante cronista pesta i piedi a molta gente: nella guerra per bande in atto a Torre Annunziata, non può durare a lungo…
L'altra sera su coming soon ho visto uno speciale in cui lo stesso Libero parlava del ritrovamento e dell'utilizzo della stessa Citroën Mehari, automobile a bordo della quale Siani fu ucciso e che all’epoca del delitto venne sequestrata come da protocollo dall’autorità giudiziaria per poi finire, dopo una trafila rocambolesca, in una comunità di recupero per tossicodipendenti, per le riprese del film.

Io che di certo posso definirmi uno scrittore scomodo, consapevole che certa gentaglia è meglio neanche tirarla in ballo evito di coinvolgere quella classe politica allo sbaraglio che mira soltanto alla propria autoconservazione e mascherati da Paladini della Democrazia (di quella purtroppo tanto cara al Premier), finge di dimostrarsi aperta al dialogo, tollerante e al servizio dei ggiovani.
Che se c'è un problema semplifica e se tenti di fargli capire che la Realtà è composta da molteplici sfaccettature, ti fucila.

A tal proposito ho appena firmato l'appello on line per la libertà di stampa, così per non saper nè leggere nè scrivere.

Prima che in Italia ti ritirino la patente pure se scrivi pensierini in totale autonomia (di fare o non fare quello che ti dicono).

ed io odio il carcere.


Nell’asfittico panorama italiano Davide Ferrario realizza un film, forse l'ennesimo, che è bene tenere in considerazione. Un film ‘nel' carcere e non ‘sul' carcere come egli stesso ama sottolineare. Un film che in realtà è pure un mezzo musical anche se del tutto atipico (la colonna sonora viene affidata a molteplici pezzi strumentali dei Marlene – un tuffo al cuore percepire l'incipit cadenzato di "rotule come freesbe").
Partendo dai suoi trascorsi da documentarista, sto giro ha provato ad elevarsi fino a raggiungere una dimensione più prettamente sperimentale rispetto ai lavori precedenti.
La realtà carceraria è in realtà solo lo sfondo per "Tutta colpa di Giuda", ma è frutto dell’esperienza che Davide Ferrario ha maturato lungo quasi dieci anni di lavoro in carcere. In realtà Ferrario aveva tenuto dei corsi di formazione professionale sul montaggio video, che nel tempo si è trasformato in un laboratorio di audiovisivi e ha portato il regista a conoscere prima la realtà di San Vittore e poi il carcere Le Vallette di Torino. Dove Tutta colpa di Giuda è ambientato.
Ho apprezzato in particolar modo che, da ateo convinto, il regista non rinuncia ad interrogarsi sul senso profondo della religione e sulle risposte che in essa gran parte dell'umanità cerca da sempre.
Io stesso, ancora non riesco a capacitarmi, dell'inutilità delle religioni per chi non affida la sua vita a questo, ma da anticlericale MAI sarei riuscito a parlarne con tale pudore.
Tuttavia chi mi conosce sa quanto detesti a questo ancor più i musical, ad esempio, o l'hip rock con testi in milanese.
Di peggio c'è solo la vita di provincia, che sarà pure più vera di quella a cui in realtà ambisco io, ma resta sempre e comunque perennemente in bilico sul baratro della noia e della disperazione.
A salvarmi dall'ennesimo sabato sera del tutto inconcludente (è inutile spostarsi da un bar all'altro se è frequentato sempre dagli stessi coglioni) è stato questo film, che se paragonato ai dj set house a cui ho assistito prima di rinchiudermi in casa, ha rappresentato una vera e propria ventata d’aria fresca, pur non essendo anch'esso privo di difetti.
Irena Mirkovic è una giovane regista teatrale da sempre attenta alla sperimentazione e in fase di distacco sentimentale dal suo compagno attore Cristiano. Decide di accettare la proposta dal cappellano di un carcere, don Iridio: mettere in scena con i detenuti un musical sulla passione di Cristo. Il direttore del penitenziario è favorevole, molto meno lo è la rigida, ma in fondo molto pragmatica, suor Bonaria. I carcerati accettano di partecipare al progetto ma quando giunge il momento di assegnare le parti nessuno intende interpretare Giuda. Per il semplice motivo che l'apostolo è il traditore, cioè l'”infame” per eccellenza. Come risolvere il problema? Irena sente nascere dentro di sé una domanda: si può pensare a Cristo senza Giuda? Forse sì.

Per il resto continuo ad abbandonare i diggei al loro triste destino auspicando pene severissime per quei vocalist minorenni che oltre a sparare cazzate al microfono (mi auguro a causa dei troppi drink) si vestono pure veramente di merda.

sabato

Ombra rossa non avrai il mio scalpo.


Il film si apre con l'arrivo di un dispaccio alla locale unità dell'esercito: gli Apache, comandati da Geronimo sono sul piede di guerra. L'interruzione delle comunicazioni via telegrafo impedisce di avere maggiori informazioni sulla minaccia indiana, ignara della reale entità del pericolo, da Tonto parte dunque una diligenza per Lordsburg con un equipaggio piuttosto eterogeneo al quale si unirà poi Ringo, evaso alla ricerca di vendetta.
No, niente a che vedere con il classico dei classici film western, anche se la trama potrebbe benissimo appartenere ai giorni nostri.
In un contesto in cui la Nuova Destra ripesca a piene mani dal suo stesso passato, spacciando per Libertà proibizionismo e xenofobia, rivangando ideali morti e sepolti (dio, patria, famiglia), si assiste impotenti al tentativo di contrapporre a questi, altri stereotipi imposti e retoricamente irreali, di chiara matrice democristiana (ricordiamoci che un tempo, neanche tanto tempo fa, un Franceschini rappresentava il nemico).
Poi mi si chiede perchè di fronte ad una scelta del genere uno preferisca la fuga (chi la mena con la scusa che "è morta della gente per il diritto di voto" non si rende conto che quelli lottavano per Liberare una Nazione dallo Spettro Nazifascista, non dovevano scegliere tra 2 facce di merda dell'identica medaglia).
Ad ogni modo, la suddetta pellicola, evoca delle 'ombre' in cui si sono trasformati coloro che un tempo erano parte viva della sinistra e racconta in particolar modo di un intellettuale di fama mondiale che viene invitato nel centro sociale “Cambiare il mondo”, creato nei locali fatiscenti di un vecchio cinema romano. L’uomo resta profondamente colpito dal fermento e dalla vita che anima questo luogo. Da un’intervista rilasciata alla “Tv di strada” nasce casualmente un’idea rivoluzionaria: da questi luoghi giovanili così vitali possono svilupparsi delle realtà socialmente e culturalmente innovative. L’idea raccoglie l’entusiasmo generale e diventa un progetto destinato a creare grande clamore mediatico. Si apre un caso internazionale. Ma quel fermento vitale che tanto aveva colpito l’intellettuale viene ben presto stravolto, fatto oggetto di diatribe e scontri tra le diverse anime della sinistra. Fino allo smarrimento.

Nel finale strappalacrime, che dona nuova linfa vitale allo spettatore,si proietta un ingenuo futuro, in cui i nostri eroi rioccupano un nuovo stabile, in cui i gggiovani potranno nuovamente sperare in un futuro migliore, perchè un altro mondo è possibile, "Porqué todos necesitamos y exigimos libertad, democracia y justicia", per dirla con parole da Subcomandante.

Stronzate. Guardandosi attorno ci si rende conto che non è vero un cazzo. Se non sei figlio di Qualcuno, sai che il lavoro precario ucciderà la tua bella giovinezza, pertanto è chiaro che i centri sociali non hanno più ragione di esistere visto che tutti ricercano la propria identità tra rave e metanfetamine.
Speriamo che arrivi davvero la Crisi tanto vociferata, che si scenda una volta per tutte in strada e che solo allora si creino nuovi centri di aggregazione.
Intanto, per i nostalgici come me, si sono pure riuniti i 99 posse. Che non saranno mai sto gran che ma che ascoltarli fa sempre bene al cuor.